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Cos'è il conflitto di interessi

Cos’è il conflitto di interessi e cosa non è il conflitto di interessi

Le definizioni utilizzate in questa sezione sono tratte dal libro Di Carlo E., Il conflitto di interessi nelle aziende. Linee guida per imprese, amministrazioni pubbliche e non-profit, Giappichelli, Torino.

Tali definizioni sono oggi presenti in numerosissimi siti web e codici di condotta di aziende pubbliche e private.

La definizione di Conflitto di Interessi attuale (o reale)

Di frequente la locuzione “conflitto di interessi” è utilizzata senza prima averne dato una definizione, nonostante i suoi confini e le differenze rispetto ad altri fenomeni (es. la corruzione) non siano sempre così chiari. Tuttavia, il primo passo da fare per affrontare il CdI è proprio quello di definire il fenomeno, al fine di consentirne agevolmente l’individuazione. Infatti, una definizione poco chiara, o addirittura la sua mancanza, inficia l’utilità stessa dei rimedi previsti per la gestione del CdI.
Partendo dalle definizioni richiamate in letteratura, si propone la seguente definizione sintetica di CdI attuale (o reale):

Il conflitto di interessi reale (o attuale) è la situazione in cui un interesse secondario (finanziario o non finanziario) di una persona tende a interferire con l’interesse primario dell’azienda (ossia il bene comune), verso cui la prima ha precisi doveri e responsabilità (Cap. II, p. 49).

La definizione proposta ha volutamente carattere generale; ciò consente di adattarla alle fattispecie di conflitto che possono riguardare gli individui e le organizzazioni nei diversi ambiti, restando fermi i suoi elementi essenziali. Ad esempio, qualora un dipartimento universitario volesse definire il CdI nell’ambito del suo codice di condotta, sarebbe opportuno che la definizione generica fosse adattata in questo modo: “Il conflitto di interessi è la situazione in cui l’interesse secondario di un professore, di un ricercatore, di un collaboratore o di un impiegato tende a interferire con l’interesse primario del Dipartimento”. A questo punto è opportuno definire il contenuto degli interessi secondari (finanziari e non finanziari) e di quello primario dell’azienda.

Per alcuni esempi di conflitto di interessi classificati in base alla natura degli interessi secondari

La definizione di Conflitto di Interessi potenziale

La definizione di CdI proposta riguarda il cosiddetto CdI “reale” (o attuale), ossia quello che si manifesta durante il processo decisionale dell’agente (giudizio professionale o manifestazione della volontà). In altri termini, proprio nel momento in cui è richiesto all’agente di agire in modo indipendente, senza interferenze, l’interesse secondario tende a interferire con quello primario.
Tuttavia, è opportuno distinguere il CdI attuale da quello potenziale e apparente, visto che molte policy sul CdI richiamano questa distinzione [1].
Il CdI potenziale può quindi essere definito nel seguente modo: 

Il CdI potenziale è la situazione in cui l’interesse privato (finanziario o non finanziario) di una persona potrebbe, in un futuro più o meno prossimo, tendere a interferiredivenendo secondario, con l’interesse primario dell’azienda, verso cui la prima ha precisi doveri e responsabilità (Cap. II, p. 106-109)

Nel conflitto potenziale, dunque, ci sono interessi rilevanti, ma i compiti attuali dell’agente non sono compromessi da quegli interessi. Tra i rimedi per gestire tale conflitto vi è quello di rendere noti tutti gli interessi finanziari e non finanziari che potrebbero interferire con i doveri e le responsabilità dell’agente.

 

La definizione di Conflitto di Interessi apparente (o percepito)

Il CdI apparente (anche detto CdI percepito) si presenta qualora un osservatore esterno di buon senso pensi che l’interesse primario dell’azienda possa ricevere (o aver ricevuto) un’interferenza da interessi secondari, finanziari o non finanziari. In particolare, il CdI apparente (o percepito) è la situazione in cui l’interesse secondario di una persona può apparentemente interferire, agli occhi di osservatori esterni ragionevoli e informati, con l’interesse primario dell’azienda, verso cui la prima ha precisi doveri e responsabilità (Cap.II, p. 109-110).

Inoltre, è CdI apparente anche la situazione in cui appare un interesse secondario, sempre agli occhi di osservatori esterni ragionevoli e informati, anche se non è detto che esso sia realmente presente.

Dunque, l’apparenza può riguardare l’interferenza e/o l’interesse secondario.

Nel conflitto apparente, quindi, la situazione è tale da poter danneggiare seriamente la reputazione del soggetto coinvolto e quella dell’organizza­zione in cui opera. Il rischio reputazionale è importante in quanto se anche solo uno degli agenti si trova in una situazione di CdI non gestita, i soggetti esterni potrebbero ritenere che l’intera organizzazione è indulgente rispetto a tali pratiche.

In tal senso, l’interferenza dell’interesse secondario appare agli osservatori esterni, anche se non è detto che tale interferenza sia realmente presente nell’agente. Pertanto, tutti i conflitti di interessi potenziali e reali sono anche sempre apparenti, in quanto entrambi vedono l’esistenza di interessi secondari in capo all’agente. Si può anche affermare che il conflitto potenziale e reale guardano all’aspetto soggettivo, mentre quello apparente all’aspetto oggettivo.Dunque, è in CdI apparente l’amministratore di una società che chiede un servizio di consulenza ad uno studio legale in cui lavora un suo familiare, anche se per tale servizio la società paga un prezzo più basso rispetto a quello di mercato, oppure il servizio ricevuto è di qualità migliore rispetto a quello ottenibile da controparti esterne non correlate all’amministratore. Se l’amministratore non scegliesse lo studio legale correlato, la scelta non sarebbe in apparente CdI, ma arrecherebbe un danno alla società [3](prezzo più alto o qualità del servizio più scadente). Per tale motivo, nella scelta dello studio legale del suo familiare, l’amministratore presenta una convergenza di interessi, ossia i suoi interessi personali coincidono con quelli dell’azienda, anche se all’esterno potrebbe apparire un conflitto, ossia una interferenza negativa nel giudizio dell’agente.Il problema, però, è che solo gli attori coinvolti nella transazione sono a conoscenza dei reali interessi in gioco e dell’eventuale interferenza dell’interesse personale su quello primario da tutelare. In altri termini gli osservatori esterni, che interpretano la scelta dell’amministratore – il quale sceglie un suo familiare anziché una controparte esterna indipendente – non avendo partecipato al processo decisionale che ha portato a tale soluzione, non possono che considerarla come una scelta inficiata da CdI, anche se in questo caso, visto la convergenza di interessi, il conflitto è solo apparente. Uno dei rimedi più utilizzati per gestire il conflitto di interessi apparente è quello di richiedere la massima trasparenza sull’ope­razione effettuata (es. motivazione della decisione, prezzo contrattato, impatto sulla situazione economica e finanziaria dell’azienda).